Quello che stiamo per vedere insieme è un tipico esempio di conflitto
genitori figli, tra autorità e cittadino, tra cittadini o tra partners di
coppia. In fondo alla pagina troverai una serie di passi da seguire che
costituiscono la dinamica che vado a spiegare. Se desideri, dai un occhiata
veloce alla lista prima di continuare, perché le distinzioni che farò sono
importanti per avere una visione panoramica, e non voglio che il desiderio di
scoprire “la formula” ti impedisca di cogliere sostanziali differenze. C’è
molto da sapere sui conflitti, soprattutto quali puoi risolvere, e quali no.
Un conflitto, a differenza di un litigio, è una situazione
complessa in cui due o più persone arrivano spesso ad un punto di non ritorno. Considerando
la struttura dei conflitti, si può capirne le dinamiche per migliorare il
nostro successo comunicativo. Tali strategie
di comunicazione sono essenziali nella vita di tutti i giorni.
Dal conflitto sociale ai conflitti religiosi: definizione di conflitto.
Un conflitto è un
momento comune nei rapporti interpersonali in cui opinioni, idee e problemi di
natura fisica (comportamenti, azioni, danni, etc.) fanno sorgere un dibattito a
causa della natura contrastante degli elementi in opposizione. Un genitore
potrebbe volere che il figlio rispetti delle regole, ma il figlio si oppone.
Un litigio è un
momento successivo o contemporaneo ad un conflitto. Quando una o più strategie
di comunicazione si confrontano, ecco che può nascere un dibattito spesso aspro
e amaro. Quando strategie di comunicazione di due o più persone collaborano,
non vi può essere facilmente un litigio; il problema nasce quando sono usate
strategie di comunicazione negative, come manipolazioni, tattiche shock,
meccanismi di difesa, e quant’altro viene abusato dalla parte in causa, che
(spesso) non conoscendo altre strategie comunicative, adotta quelle disfunzionali
che ha appreso nel tempo. Quest’ultima informazione non giustifica che è
responsabilità del singolo individuo auto-correggersi e voler collaborare.
Chi si ostina ad usare strategie disfunzionali incorre nel serio rischio di
danneggiare i rapporti con gli altri, e di rovinare la relazione. Le relazioni
iniziano e finiscono.
I conflitti possono essere approcciati in modo metodico, anche sul momento e
senza preavviso. È normale che un conflitto nasca in modo inaspettato; chi
pianifica un conflitto sta manipolando la propria relazione sociale. Per
esempio, nel caso di credenti di religioni diverse tra loro (o tra loro ostili,)
la discussione si può fare molto accesa, fino a sfociare nel litigio violento ed
all’assalto fisico.
Dal 1972, è stato molto apprezzato e referenziato il modello
di gestione dei conflitti di Thomas e Kilmann, di cui potete vedere una velocissima presentazione qui. In poche parole, si consiglia di raggiungere la collaborazione tra individui, puntando
sul distacco del problema conflittuale dalle persone che esibiscono tali
comportamenti; parlando di soluzioni inerenti ai comportamenti da correggere,
si può raggiungere un dialogo molto fruttuoso per la collaborazione. Se la collaborazione
non è possibile, il compromesso è
più consigliato. Solo in casi specifici si andrà ad usare una delle altre tre
strategie.
Ci sono relazioni e conflitti che possono essere risolti ed
altri no: come riconoscerli? I
conflitti irrecuperabili sono quelli in cui una delle parti è completamente
contro la risoluzione del problema (opposizione assoluta – non negoziabilità dei
termini) oppure quando eventuali trascorsi hanno corroso così tanto i rapporti
che, se chiesto loro, la parte offesa ammetterà di non voler più niente a che
fare con l’altra parte. Giuridicamente, alcuni conflitti sono risolti da
giudici oppure difensori civici proprio per questi motivi. I conflitti vanno
presi seriamente.
Immancabilmente legato alla gestione del conflitto, si deve
ricordare che la gestione delle emozioni
è una strategia fondamentale e richiesta per raggiungere il migliore dei risultati
possibili. Raramente i conflitti sono privi di una parte emotiva. Un cittadino
potrebbe trovare oltraggioso che il cane di un altro concittadino gli sia
saltato addosso sporcandogli il vestito. Quando un conflitto è mal gestito, le
conseguenze possono essere pecuniarie, ma quello che dovrebbe sempre contare
sono le relazioni che si vanno a creare o rompere nel bene e nel male.
La formula di risoluzione dei conflitti.
Nel seguente schema si evidenzia la gestione di un conflitto
reale, e questo modello si adatta facilmente alla stragrande maggioranza dei
casi:
- Fermare la conversazione e gli animi –essenziale come primo punto è calmare se stessi e l’altra parte, invitando tutti a fermarsi per discuterne per bene. Si deve assicurare che l’attenzione di tutti sia puntata sulla nuova emergenza, ovvero il conflitto stesso per parlarne apertamente, senza nascondersi o negare l’evidenza dei fatti (evitare i più classici dei meccanismi di difesa).
- Gestione delle emozioni (formula breve) –intervenire sulle proprie emozioni: calmarsi mettendo in primo piano i comportamenti inerenti al conflitto che è appena capitato e controllare il proprio tono di voce e linguaggio del corpo. (Stacca i comportamenti dalle persone: i conflitti sono dispute di comportamenti.)
- Adottare un eventuale gestione del tempo –alcuni conflitti, come quelli di coppia o genitore figlio, possono richiedere la richiesta di una pausa reale, per permettere a tutti di calmarsi, e far sbollentare gli animi. In tal caso, proporre una pausa ed un orario per la ripresa del confronto è la cosa migliore, purché non si vada ad usare questa strategia per fissare l’ora o la data di un giorno troppo lontano. I conflitti vanno risolti quanto prima possibile per evitare conseguenze negative.
- Esprimere la volontà di agire –ogni conflitto necessita di un obbiettivo da raggiungere: descrivi il comportamento che vuoi intraprendere per risolvere il conflitto, e porta tutte le parti a discutere della collaborazione necessaria a garantire un risultato concordato da tutti. Questo è il momento razionale che potrebbe anche richiedere di fermarsi a pensare un attimo in silenzio; se l’impatto emotivo è stato duro e difficile da superare, chiedi ed ottieni un po’ di tempo per pensare tra te e te. Trattenersi dal parlare a ruota libera (strategia disfunzionale di manipolazione.).
- Ricercare la collaborazione –invita l’altra parte a condividere i propri pensieri, emozioni e bisogni attraverso una comunicazione rispettosa dell’altra persona. In tal senso si vuole creare una discussione costruttiva che identifichi come il problema può essere risolto da semplici azioni, negoziando eventualmente sul modo di raggiungere lo scopo prefisso non appena tutte le parti hanno piena consapevolezza delle proprie responsabilità .
- Raggiungere un accordo –stabilisci insieme i termini di risoluzione finale, concordati dall’impegno reciproco per chiudere per sempre il conflitto, oppure (al contrario) per intraprendere un “periodo di prova” (qualora la soluzione trovata fosse un cambiamento comportamentale) per poi ridiscuterne in una data e ora stabilita alla fine della discussione da entrambi.
Bisogno di supporto extra?
Alcune tattiche extra di gestione delle emozioni che usare
durante un eventuale pausa comprendono:
- Mettiti nei suoi panni –forzati a cambiare il tuo punto di vista. Così perderai quel senso di assoluta certezza a favore di una più utile ricerca della verità.
- Domande logiche –utili quando le emozioni sono guidate dall’odio estremo, rintraccia razionalmente cosa ha innescato cosa, fatti domande logiche su cosa può succedere e quali alternative esistono, cerca qualsiasi domanda che stimoli una attitudine mentale volta a vedere la situazione da un altro punto di vista.
- Flussi di coerenza –stabilisci una serie di azioni che puoi portare a termine; elabora promesse che manterrai; crea un piano coerente con te stesso e le tue reali capacità, senza mentire per fare bella figura (pensa al risultato finale e a come raggiungerlo.).
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