L’essere umano è l’unico essere capace di dimostrare di
poter usare la propria immaginazione per risolvere problemi in modo astratto
prima di risolverli in modo concreto. Questa abilità cognitiva dell’astrazione
permette ad ogni persona di fare confronti ed elaborare giudizi, una proprietà
animale unica nel suo genere che se usata correttamente può portare ad un nuovo
livello evolutivo oltre l’homo sapiens. Ogni persona ha dentro di sé le risorse
e le energie necessarie a risolvere qualsiasi problema.
La psicologia indaga la mente e le sue proprietà, sondando
le strutture cognitive e le abilità mentali; la mente di un individuo è capace
di elaborare elementi grezzi da trasformare in raffinati pensieri e costrutti
visivi, auditivi, cinestesici (sensazioni ed emozioni) nonché olfattivi e
gustativi. Ogni pensiero assume una forma sensoriale, modellata su uno o più dei
cinque sensi, ed è spesso costruito in forma spontanea, diretta.
Farsi autocritica: come criticarsi.
Passato di moda il detto “fai autocritica,” il pulirsi la
coscienza è un attività che ogni individuo ha possibilità di fare in modo
costante. La critica personale è il corrispettivo della deframmentazione dell’hard
disk dopo la cancellazione del materiale inutile, è la pulizia delle strade
dopo un evento cittadino che attrae milioni di turisti e fedeli, è il materiale
in eccesso che resta sul tavolo da lavoro dopo che il cuoco ha finito di
preparare la ricetta. Chi non fa autocritica,
non potrà mai rendersi conto dei propri errori, perché non ha standard, non ha
una regola legata alla sufficienza e l’importanza della situazione iniziale di
partenza rispetto al risultato ottenuto. Di seguito, la formula dell’autocritica
è analizzata e spiegata, ma prima ci sono concetti essenziali da concordare.
Ogni essere umano nasce con una mente vergine, pronta ad
imparare, reattiva e flessibile alle novità. Crescendo, le regole della vita e
della società ci rendono più meccanici, e l’abituarsi alla consistenza delle
nostre convinzioni abbatte lo spirito fino a farci concepire la realtà divisa dall’immaginazione: una parte delle persone
percepisce che l’immaginazione può integrarsi con la realtà, un’altra parte
decide di non usare più l’immaginazione se non per crearsi scuse.
La mentalità in cui viviamo modella molto il modo in cui gli
individui si relazionano con la propria mente; alcuni esempi:
- in Italia, il familismo ha devastato la percezione delle potenzialità personali (tanto che è normale per un italiano avere un amico che scherzosamente ti prende in giro, e anzi l’insultarsi è diventato morbosamente giocoso con il gravissimo conto da pagare in termini di collaborazione e supporto;)
- in America, l’individualismo economico ha portato all’esaltazione delle capacità singole, premiando la competitività come un dote sicuramente positiva e basando i limiti dell’individualità sulla base della libertà personale (il cui dramma è sottolineato dall’incapacità di genitori che senza freni sociali hanno cresciuto figli con poveri valori, ed assistiamo così al seguito di tali mancanze quando guardiamo i numeri relative alle statistiche indicano la percentuale di ragazze madri presenti in America, il cui picco rimane alto nella fascia di età compresa tra i 16-21 anni rivelando diversi problemi concettuali legati a diversi aspetti della vita, spesso legati prematuramente alla nascita di un figlio che poi incatena i comportamenti degli adolescenti in comportamenti assai meno liberi;)
- nell’Estremo Oriente, il neo-capitalismo sta rivoluzionando la cultura tradizionalista (generando una nuova ondata di generazione next i cui lineamenti sociali vedremo entro breve ma che già si comincia a configurare nella società cinese,) grazie alla crisi del vecchio occidente (una crisi del vecchio mondo che significa il prosperare di Cina, Korea del Sud ed altre nazioni meno conosciute.). Il mondo è sempre in evoluzione.
L’Italia è un Paese in cui i cittadini non sono attivi sul
fronte della mentalità. Le prove sono nella cosiddetta fuga dei cervelli. Non
solo chi va all’estero ha più prosperità, ma solo in pochi tornano in patria
per tentare di cambiare le cose. Molti la rinnegano, o la usano come
villeggiatura o nostalgica culla dei propri natali. L’Italia è il bel Paese in
cui è dolce il vivere, ma non il sopravvivere. Perché in Italia, conta ancora
chi conosci e non chi sei. Ma le cose cambiano, è il loro destino.
Il singolo che fa autocritica supera questo sigillo sociale.
Non ha alcun beneficio diretto ed istantaneo dal fare autocritica nella società
di oggi, ed anzi fa qualcosa che va contro il comportamento comune. Il valore dell’autocritica
è ben lontano dagli occhi dei più assidui estranei alla propria mente, e
risiede nei risultati delle persone che governano il Paese (anche quando lo rovina
ovviamente, perché l’autocritica non ti rende buono, ma semplicemente
efficiente,) e di chi ha le carte in mano per fare qualcosa per se stesso e gli
altri. L’Italia è ben lontana dall’essere un paese di poveri, ma la ricchezza è un concetto che chi non fa
autocritica non può coltivare, ed apprezzare, perché è sempre legata alla
tradizione e non all’adattarsi al cambiamento costante.
La figura dell’imprenditore,
così amata ed odiata, è l’emblema dell’autocritica. Colui o colei che mette su un
attività si ritrova a dover fare un apparente infinità di scelte, e quando le
scelte non son fatte da lui/lei stesso/a ma da altri (la scusa è sempre la
solita dell’inesperienza nel campo economico attuale,) le conseguenze sono
sempre negative. Sono destinate ad esserlo perché l’autocritica è il modo
attraverso il quale ogni individuo monitorizza se stesso e la realtà che lo
circonda, onestamente.
L’autocritica si basa su un processo di auto-valutazione. Lo
scopo dell’autocritica è esaminare, scomporre, rielaborare e ricostruire azioni
passate, sia che siano azioni corrette che incorrette. Gli errori sono staccati
dalle emozioni, e visti solo come catene di eventi, per cui una data Causa è
destinata a causare un determinato Evento. La critica personale è la prima
forma di scienza umana, perché è la base della razionalità logica, ovvero della
scienza stessa. Nella scienza, l’autocritica
è rappresentata nell’errore di misurazione,
ovvero il bias a cui siamo tutti soggetti.
Fare autocritica costringe l’individuo a pensare meglio,
velocemente, efficacemente, per arrivare alla verità oggettiva dei fatti, senza
inutili giudizi morali ed emotivi/irrazionali. Le operazioni da fare sono sempre
le stesse. Le domande sono sempre le stesse. Per questo motivo, servono domande
migliori. Si parte sempre dalle stesse domande, e starà all’individuo trovarne
di nuove. Ecco alcune domande di base, tipiche:
- Cosa è successo?
- Cosa sta succedendo?
- Cosa lo ha provocato?
- Cosa significa?
- Come è successo?
- Come lo faccio a sapere?
- Come lo sto giudicando?
- Come fare di meglio?
- Quali sono le differenze?
- Qual è l’obbiettivo?
- In quante parti più semplici posso scomporlo?
- Quanti…?
- Quanto…?
L’individuo medio tende a non riflettere su questi elementi
di base, ma passa subito ai più complessi Perché
e Quindi. Le elaborazioni mentali,
che dovrebbero costruire pian piano delle ipotesi o scoprire delle regole
incontrovertibili/vere per un’altissima percentuale dei casi, vengono ad essere
distorte da dei “perché” e “quindi” prematuri, che rendono invalida la critica
e costruiscono delle scuse. Il non dare nemmeno risposta a perché o quindi
genera paranoie ed altri disturbi.
Il concetto dell’uso della mente è stato oggetto di molte
civiltà e dottrine. Il buddhismo è tra le prime fonti ad insegnare di non
domandarsi il Perché delle cose, là dove la nostra cultura moderna occidentale
ha un forte senso del Perché (che viene promosso e ricercato.). Entrambe le
linee di pensiero sono giuste e nessuna delle due è sbagliata. Non bisogna
domandarsi il Perché delle cose poiché il perché si può scoprire, e non bisogna
mai smettere di cercare il perché delle cose accettandone uno falso. Questa non
è tanto una verità propria della scienza o delle arti, quanto semplice ed equilibrato
buon senso.
Durante l’autocritica è naturale ingaggiare un discorso con
una parte di noi. Questa parte è generalmente polemica, contro di noi, e
rappresenta la parte (appunto) critica. Il nostro compito è quello di trovare
il dialogo con noi stessi, basandoci sull’onestà, ascolto e comunicazione con
noi stessi. Non immagini quante siano le persone completamente ignare del più
semplice dei fatti: se la parte critica è “contro di te,” perché semplicemente
non le/ti chiedi di aiutarti? Hai mai ascoltato la sua risposta? Ti sei mai
dato il tempo fisico di elaborare tali concetti?
Per molte persone, se qualcosa è troppo facile, spesso fa
strano. Fare autocritica vuol dire rendersi la vita facile. Perché mai
una persona sana di mente dovrebbe volere ed accettare una vita difficile? È completamente
stupido, ma è ciò che molte persone fanno ogni giorno, quando non trovano un
compromesso con sé stessi, o, più semplicemente, rifiutano di cercare la verità
creandosi scuse prive di fatti e prove tangibili. Chi si nasconde dietro
cavolate del tipo “la verità fa male” è una persona immatura che non ha mai
capito il senso del detto: sì, certo che fa male, deve! Altrimenti non avrebbe
senso comprenderla e superarla. La verità distrugge la menzogna, e con essa le
sue illusioni e false emozioni. Certi immaturi non sanno che “ciò che non ti
uccide ti rende più forte,” perché la verità è che molti sono pigri, e non
istruiti all’ascolto attivo di sé stesso. Chiunque abbia superato problemi con
gli altri, testimonierà che il primo passo da fare è ascoltare: senza rabbia, senza farsi problemi e paranoie, ma ascoltando
con gli orecchi e la mente, per capire ed interessarsi ancora di più dell’altra
parte stessa, al fine di diventare empatici e vivere in prima persona tale
verità (la capacità a cui si vuole attivare tramite l’ascolto si chiama appunto
empatia.). Solo allora la verità darà modo alla mente di trovare la giusta
soluzione al problema.
L’errore più comune
di oggi in Italia è il continuo sgravo delle proprie responsabilità. Lo
scaricamento del barile è il “nostro” sport olimpionico. Ben più praticato del
meno olimpionico calcio, l’italiano medio è un campione negativamente ammirato dalle
altre popolazioni per questa sua meschinità. Chiunque di noi è un campione di
scarica barile, me compreso. Eppure esiste persino chi è più bravo di noi –immagino
che sia così perché non hanno niente da fare tutto il giorno… non è come nel
mio lavoro dove si lavora davvero. “Quella” è gente che ha tutto pronto dalla
mattina alla sera ed è per colpa loro se siamo nella condizione pessima in cui
siamo! Ricordalo! (Governo ladro! Aggiungerei per completare la sfilza
di modi di dire.)
Un buon praticante di autocritica ottiene veri risultati che
è inutile elencare, perché impattano sul successo di tutta una vita. Nessuno
obbliga una persona a fare autocritica,
ma tutti arrivano ad un punto in cui le scuse non bastano più, e si crolla
davanti alla verità dei fatti. Se il gioco valesse la candela capirei, ma anche
chi ottiene tanto prima di arrivare all’inevitabile crisi d’identità non fa altro che scavarsi la buca più profonda
degli altri.. fino a che l’uomo medio cade in una buca, il recidivo cade in un
burrone. Solo l’uomo di malaffare può salvarsi nella nostra società, ma è anche
vero che quella persona può salvarsi solo se il numero di persone oneste non
prende il potere impedendo il malaffare stesso. Al momento le persone oneste
sono in netta minoranza, oppure sono ignoranti sul da farsi perché non si
creano il problema del Cosa è veramente il problema e Come fare a risolverlo (fortunatamente
esistono movimenti di coscienza e cultura underground a cui i ricercatori della
verità possono attingere anche in questi tempi bui.). Persino chi non ha avuto
buoni genitori è costretto prima o tardi a fare i conti con l’inevitabile. Il
mio consiglio è ovviamente non chiedersi il perché ma praticare l’autocritica e
valutarla dopo un periodo costante di qualche mese di ricerca, che poi
diventerà qualche anno e poi decennio. La vita non sarà mai più la stessa man
mano che la realtà diventerà più chiara.
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