Capire la sindrome da abbandono per superarla



sindrome da abbandono
Ci sono numerosi casi in cui una persona può trovare difficile superare determinate fasi di crescita. A volte, alcune persone rimangono vittime di meccanismi da cui non sanno più trovare via di fuga. Inutile cercare di ritrovare la causa principale: dei genitori incapaci non sono migliori di un trauma infantile. Ma ciò nonostante, a volte rintracciare le origini di un evento può disseppellire le sue radici emotive.

Aver paura di essere abbandonati vuol dire aver paura di essere oggetto di abbandono sociale. Qualunque forma di abbandono è una sofferenza che affligge la nostra cultura sociale da millenni: ostracismo, rifiuto, bullismo, (auto)isolamento, dipendenza e codipendenza. Queste ed altre sono le forme attraverso cui la sindrome da abbandono può trovare terreno fertile. A volte come cause, a volte come conseguenze o semplice manifestazione.

Superare l’abbandono

Chi soffre di questa sindrome ha spesso qualcosa che non vuole ammettere. Spesso si vuole rimanere ancorati al passato, e non accettare il presente. Il risentimento verso l’esterno deriva spesso da questo. Può assumere anche altre forme, ma in grandi numeri si può osservare una mancata apertura al mondo reale con tutte le sue inaspettate sorprese: belle e brutte.

Chi vuole bloccare l’abbandono vuole bloccare l’arrivo di cose brutte. Chi si ferma qui non impara la lezione che gli altri imparano: le cose brutte a volte sono cose belle. A volte le cose brutte sono necessarie affinché le cose belle siano realmente tali. Il concetto è facile da capire per chiunque non ne soffra, tanto che non si sente il bisogno di spiegare cosa succede quando si accetta il Presente nella sua totalità.

superare l abbandonoComunemente si dice “quando si chiude una porta, spesso si apre un portone.” Non bisogna aver paura di lasciare la strada vecchia per la nuova. Bisogna essere attenti, perché ci saranno novità e cambiamenti. Ma aver paura è troppo. Quindi, quando qualcosa succede, imparare a limitare i danni è la vera abilità che manca. Quando succede qualcosa bisogna rintracciare le responsabilità dell’accaduto. A volte la responsabilità è degli altri, a volte nostra. A volte di tutti quanti, a volte solo dei coinvolti. Il problema resta la soluzione da trovare, o meglio le cose che devono essere imparate da chi ha sbagliato, che impediranno di ripetere l’errore.

Le persone con questo tipo di problema hanno spesso relazioni amorose morbose, perché non accettano che la vita sentimentale possa essere un gioco di grandi numeri. Bisogna cercare la persona giusta, e questo vuol dire che finché non la si trova si troverà persone sbagliate. Ma non è detto che le persone sbagliate siano tutte persone terribili. Bisogna imparare dagli errori, e studiare le materie interessate quanto ci serve per non comportarsi da completi dementi. Chi non si informa, si condanna a subire il caso. Allora sì che la paura è giustificata. Elimina la causa della paura, ed eliminerai ogni sintomo. Più impari prima di passare al fare, più ricca sarà la tua esperienza finale. Occhio solo a non diventare un perfezionista, che è l’errore opposto.

Esiste anche chi invece soffre l’abbandono come un problema interno. Questo genere di persone subisce l’abbandono, il quale diventa un’arma impropria o uno strumento che va a modificare la propria autostima. E dato che l’autostima è la scala di misurazione del gradimento di noi stessi, questo è un grosso problema.

Le persone che subiscono i sintomi dell’abbandono, e hanno questo impulso che parte dall’interno, e culmina in una qualche sorta di autocritica, o autopunizione per le azioni intraprese, hanno un problema di ordine gerarchico. È cioè un caso di confusione. In altre parole, spesso chi prova questo senso di abbandono da la colpa a se stesso prima di valutare bene la situazione, e può finire con il giustificare erroneamente le scelte e comportamenti altrui.

Dato che il rifiuto sociale è un comportamento degli altri verso di noi, una persona che applica la sindrome da abbandono su se stessa, va a ritenere nel giusto il comportamento altrui, per mortificare se stessa. In questo caso, l’intenzione è quello di correggere se stessi, ma il risultato è solo quello di diventare i bulli di se stessi.

Una persona ha bisogno di oggettività e soggettività in ugual misura. Bisogna sia fare una sana autocritica per trovare le nostre colpe, ma analizzare anche le colpe degli altri. E una volta che si sono trovate le colpe degli altri (questo è il pezzo che manca) bisogna rivelare la verità, e mettere di fronte ai fatti le persone colpevoli.

In ultima analisi quindi, si tratta spesso di un problema di coraggio. Chi ha problemi a gestire l’abbandono e la propria felicità, ha problemi a mantenere la pressione sociale. Tutti vorremmo essere carini e cortesi con gli altri, ma se gli altri si comportano male, allora diventano dei prepotenti. E bisogna capire se le loro intenzioni sono volontarie o involontarie.

In tal caso, una volta capita la colpevolezza delle parti, è utile mettere a confronto le parti in gioco. Vedere se gli altri riconoscono le proprie responsabilità. Si potrebbe vedere allora la sindrome complementare alla sindrome dell’abbandono, ovvero la “sindrome del politico” per come mi piace chiamarla: chi non sa prendersi le proprie responsabilità, ed abusa del proprio potere o della propria posizione per scaricare le colpe su altri capi di imputazione, è la naturale controparte delle vittime della sindrome da abbandono.

Il problema di subire una condizione negativa come questa è infatti quello di attirare le attenzioni degli abusatori, ovvero di persone con sindromi complementari. Le sindromi complementari sono quei comportamenti che come pezzi di puzzle si incastrano perfettamente ai confini delle altre sindromi, ma anziché risolverle le aggravano, diventano dei parassiti sfruttatori.

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