Un successo di millenni di perfezionamento
La razza umana è risaputa essere tra le razze animali che
più di tutte si distingue per la sua crudeltà. Se si fa infatti riferimento
agli animali quando si dice “giocare come il gatto con il topo” quando si
osserva un comportamento crudele, la nostra crudeltà è da millenni la fonte di
nostri molti guai.
Molti conoscono la crudeltà sotto varie forme. Alcuni la
chiamano influenza negativa delle persone sbagliate, altri la vivono come un
linguaggio interno negativo che scoraggia l’individuo puntando sulle sue
debolezze. Altri ancora danno un senso più astratto: Satana, destino, karma,
etc.
Viene detto di tutto tranne il vero: l’essere umano può
scegliere di essere crudele, e lo è.
Niente di meglio dell’attuale situazione politica italiana
può esemplificare questa caratteristica perversa dell’uomo che impedirà sempre
di scegliere il fine migliore per sé e la comunità. Per ulteriori
approfondimenti, ci si può rifare alla famosa teoria dei giochi, con specifico
riferimento al Dilemma
del Prigioniero.
Una scelta non condivisa
Quasi ogni persona che si rivolge ad un ipnotista per curare
un problema relativo a questo aspetto della propria vita, non è consapevole
dell’influsso di tale caratteristica umana.
Molte persone dicono e credono erroneamente di essere fatte
così, e che non è loro responsabilità se si comportano in modi che feriscono
loro stessi o gli altri.
Sono ovvie falsità. Con questo non voglio dire che non
esistano casi in cui possiamo reagire d’istinto in modo crudele, ma c’è più di
un oceano di differenza tra le due situazioni.
Quasi tutti accettano questo modo di essere per via
dell’esistenza di meccanismi di sopravvivenza. Il ragazzo che abborda la
ragazza in discoteca, la quale non interessata lo caccia via o lo rifiuta in
malo modo, è un classico esempio ben conosciuto.
In questa istanza il ragazzo cerca di ottenere ciò che vuole
con il minimo sforzo. La ragazza rifiuta perché si sente oggettificata, e vuole
punire e fermare il comportamento maschile. Vuole cioè impedire che il ragazzo
continui nella stessa condotta nei suoi riguardi. Da qui il rifiuto.
L’esistenza del rifiuto gelido della ragazza che dice subito di no e volta le
spalle è dovuto ad una limitazione volontaria della propria crudeltà.
La ragazza sa che non può liberamente farne una discussione
per via della pressione sociale, e delle possibili conseguenze negative che
potrebbero capitare se il ragazzo volesse usare forza. Lo fa per spirito di
conservazione, come quando si ha paura
di morire. È stata fatta una richiesta, e lei la rifiuta nel modo più
crudele ed accettabile.
Il ragazzo di contro si sente offeso. Nemmeno lui sfugge
all’istinto crudele di far giustizia. Due cose sono possibili: la crudeltà è
rivolta verso l’esterno (la ragazza o la situazione, gli amici, etc.) o verso
l’interno (il ragazzo punisce crudelmente se stesso con giudizi come “non sei
degno” detti in modi più spiccioli e spesso offensivi.).
La crudeltà, come le altre emozioni umane, agisce
silenziosamente e ci distrae dal risultato finale. In un istante la crudeltà
può creare vere e proprie muraglie che ci vietano di vedere e ricordarci quello
che volevamo. Ci fa concentrare solo sul negativo.
La crudeltà ha impedito alla razza umana la pacifica
convivenza, l’accordo e l’armonia. Da quando la razza umana esiste, non è mai
esistito un momento in cui diverse razze abbiano coesistito pacificamente senza
il bisogno di comportarsi crudelmente gli uni verso gli altri, né verso le cose
al di fuori di noi (irritando cioè i valori e le cose che possono essere
ritenute preziose per gli altri.).
Per questo motivo, religioni e racconti mistici hanno un
tale potere su di noi. Mettono quello che vorremmo e che non possiamo avere nel
passato, come se un dio o una qualche condizione ce l’avesse tolta. Per star male infatti l’armonia e
la vita pacifica devono diventare, dal niente e senza un valido motivo, una caratteristica
perduta, creando così un dilemma per l’essere umano stesso.
Quando una persona viene convita che le cose stanno così per
volere altrui si sentono giustificati a non dover attivamente farci niente. Questa
è l’arte a cui ci ha spinto la crudeltà dentro di noi. È la crudeltà stessa in
azione. Questa è la vera arte del dolore.
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